Alla scuola dei Sofferenti

Giovedì 1 Luglio 2024

“Non c’è luogo in cui non valga la pena e non sia possibile lasciar cadere una goccia
d’amore…”
Con queste parole compiamo un passo in più “nel segno della Misericordia”, in questi
giorni di preparazione alla Festa della Madre della Misericordia. Oggi ci facciamo
discepoli, o meglio allievi della scuola più impegnativa della vita di ogni uomo: la scuola
di chi è nel dolore…
Siamo chiamati ad andare dai sofferenti, avvicinarsi come Gesù ha fatto. Egli è andato
per le strade e non ha pianificato né i poveri, né i malati, né gli invalidi che incrociava
lungo il cammino. Ma con il primo che incontrava si fermava, diventava presenza che
soccorre, segno della vicinanza di Dio che è bontà, provvidenza, amore.
La necessità di stare accanto agli ammalati nasce, tra varie motivazioni, anche dal fatto
che tutti noi, in qualche modo, abbiamo paura della malattia e della morte. Forse, la vera
paura che abbiamo è quella della sofferenza, più che della morte. Anche per questo
motivo ci viene richiesto di stare accanto a chi soffre: perché impariamo che il principale
alunno della malattia è il malato stesso, soprattutto quando nella fede riesce a dare un
senso alla sua sofferenza e si lascia illuminare dall’amore di Cristo, che ha affrontato la
morte per tutti noi sulla croce.
Di fronte ad un ammalato, siamo chiamati a vivere, anche se in modo un po’ diverso, la
stessa esperienza dell’apostolo Tommaso: mettere le nostre mani nelle ferite, nelle piaghe
di chi soffre. E ci sono malati e malati: non malati di serie A e malati di serie B, ma
malati con esigenze diverse, con caratteri diversi, e quindi anche con modi e reazioni
diverse di fronte alla malattia. La carne ferita è sempre la stessa, ma la vita che viene
ferita cambia da una persona all’altra. E quindi, lo sappiamo bene, questo implica
capacità di compassione e di adattamento al mondo dell’ammalato. Insomma, mettersi
alla scuola di chi è nel dolore è davvero esperienza di misericordia in atto. Ricordiamoci
sempre: la malattia fisica e psichica è la più grande povertà che possa colpire una
persona. E il malato è un povero perché ha bisogno di tutti, ma soprattutto ha bisogno
di un amore concreto, palpabile, quotidiano, la più efficace medicina di cui la carne
sofferente dell’uomo ha bisogno.
Oltre la malattia fisica, va considerata anche l’amara realtà di un’altra malattia, ben più
grave di quella del corpo: la malattia dell’anima, il peccato. E questa è una malattia che
accomuna tutti i mortali. Su questa frontiera tutti ci ritroviamo a lottare, soprattutto con
noi stessi, ma è una lotta che soprattutto accomuna tutti i pastori della Chiesa,
nell’esperienza del confessionale, quando in modo forte, attraverso l’esperienza del
Sacramento della Riconciliazione, continuamente e instancabilmente ripetono che Dio

c’è, ci ama e ci perdona sempre. E soprattutto in questi due giorni dedicati al “Perdono
di Assisi” questo ci viene annunciato con forza.
Maria, la Madre della Misericordia, ci aiuti a metterci sempre più seriamente sulle orme
del suo Figlio Gesù che sempre cerca i sofferenti, li incontra, dialoga con loro, si fa
carico dei loro bisogni.
E ci faccia crescere sempre nell’umiltà, ricordandoci anche che in fondo siamo tutti
malati, in modi diversi. Tutti sbagliamo. Tutti abbiamo bisogno della misericordia di Dio
e del prossimo. Siamo tutti GUARITORI FERITI.

Parti delle rilessioni sono liberamente tratte dal libro “Nelle ferite umane la Divina Misericordia”

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