Valmala era un paese che vantava ben 600 anime sparse in 24 borgate nell’epoca in cui si svolse il fatto. Il paese di Valmala prima di diventare un comune nel contesto nazionale, appartenne, con alternate vicende alla Contea Auriate, al Marchesato di Saluzzo e Busca ed infine al Duca di Savoia. Ma in qualche modo fu anche feudo dei Cavalieri di Malta, preceduti, come sembra, dai celebri Templari. Ma il fatto storico che ha dato un nuovo volto al paese e al paesaggio è di un altro ordine di cose. Questa è la storia del Santuario della Madre della Misericordia che sorge al Chiotto di Valmala e delle sue origini prodigiose. Risaliamo a ritroso nel tempo, erano i primi di agosto del 1834. Tra le borgate sparse di Valmala si diffonde la strana notizia; “Lassù al Chiotto è apparsa una Signora Piangente!”, la notizia era stata portata a valle da alcuni pastorelli suscitando commenti, per lo più sfavorevoli. I pastorelli erano quattro ragazzine e un loro fratello, la loro età era tra gli otto e i dodici anni, la cosa particolare era il nome delle quattro pastorelle, tutte si chiamavano Maria: Maria Boschero, Maria Margherita Pittavino, Maria Pittavino e Maria Chiotti. Il piccolo pastorello Chiaffredo era il fratello di Maria Margherita. La vita della veggenti non aveva nulla di diverso da quella dei numerosi ragazzi che popolavano la valle: giochi, pascolo, servizio nella stalla e niente scuola.
Portiamoci ora al Chiotto, un semplice pianoro erboso, circondato da folti faggeti a circa 1400 metri di altitudine dove le quattro Marie e il piccolo Chiaffredo ai primi di agosto erano al pascolo. Erano circa le 10 del mattino, stavano per mettersi a giocare, quando lì in mezzo a loro, giunta non si sa da dove, una Bella Signora, con le mani tese verso di loro e le braccia aperte in atteggiamento materno. Indossava un lungo vestito rosso cupo e un altrettanto lungo velo azzurro unito sul davanti con un bottoncino dorato. In capo portava una corona abbagliante di luce. Il suo aspetto era triste, i suoi occhi pieni di lacrime. I pastorelli emozionati al tramonto scesero nelle loro case e raccontarono ansiosi ai parenti il grande fatto della giornata che li aveva sconvolti. Nessuno credette a questo racconto, solo qualcuno rifletteva, tra questi Giuseppe Pittavino, padre di Maria. Papà pittavino pensava che lassù al Chiotto ci fosse qualche malintenzionato che si stava prendendo gioco di quei piccoli pastorelli. Intimoriti da questa presenza i pastorelli non volevano più salire al Chiotto, ma dopo l’insistenza dei genitori tornarono e trovarono sempre Lei, la Bella Signora. Arriviamo al 6 agosto, quel giorno i pastorelli non furono soli a salire al Chiotto, con loro altre persone, loro parenti e ragazzini, la voce delle apparizioni si era ormai sparsa. Il grande futuro Santuario non sorgerà perciò sulla voce tenue di alcuni pastorelli ma sulle più solide affermazioni di quanti, pur non vedendo, saranno stati presenti all’avvenimento. In questa prima comitiva vi era anche Bartolomeo Chiotti, un uomo che da alcuni anni piegava a terra per una malattia; nonostante la lunga salita, salì al Chiotto accompagnato dal figlio con la segreta speranza che qualcuno potesse guarirlo.
La giornata non era delle migliori, il vento soffiava forte e il cielo era nuvoloso, ma ecco riapparire la Signora nello stesso posto. Bartolomeo Chiotti accese una candela e con stupore notò che nonostante il forte vento non si spegnesse e chiese in cuor suo la grazia. I pastorelli ancora più spaventati si misero ad urlare. Papà Pittavino da casa sentì le urla. Si convinse sempre di più che lassù doveva essere presente qualche malintenzionato; afferrata allora la lunga spada che aveva in casa “la bertuna”, si diresse decisamente verso la montagna zigzagando tra i cespugli per due chilometri. Arrivato al pianoro davvero non sembrava esserci motivo apparente per urlare in quel modo. Gli si avvicinò la figlia Maria indicandogli la pietra sulla quale poggiava la Signora, dicendogli: “Non vedi quella figura di donna che piange?. Allora con la bertuna, non senza un certo tremolio percosse ripetutamente la pietra, ma questo suo gesto non fece che aumentare il pianto della Signora. All’incredulità del padre Maria cercò di far toccare un lembo del lungo manto, “Papà non la vedi? Non la tocchi? E’ qui!!”, esclamò. Giuseppe Pittavino a questo punto notò che tutti i presenti tremavano come se avessero una gran febbre, lasciò allora cadere “la bertuna” e gridò ai presenti “Inginocchiamoci!”. Eccoli, sull’erba umida della notte che il sole non ha prosciugato, il primo gruppo di pellegrini si mise a pregare.
La paura è scomparsa, subentra un fiducioso abbandono in quel misterioso personaggio presente. Cosa mormorano tra le labbra tremanti di questi primi pellegrini al Chiotto non ci è dato saperlo. Bartolomeo Chiotti, il gobbo, d’accordo col Pittavino, in ginocchio, fa un voto alla Celeste Visione; farà erigere sul posto un pilone o una cappella se sarà guarito dal suo malanno. Dal canto suo Pittavino adempirà lo stesso voto se verrà a conoscenza dell’identità della misteriosa Signora che solo i pastori vedono da vari giorni sul pianoro. Il gobbo ottiene la grazia, si alza normalmente, è guarito! Tutti gridano al miracolo. Dopo il 6 di agosto i nostri pastorelli ritornano al pascolo senza paura, ad attenderli immancabilmente sul pianoro la misteriosa Signora Piangente, che si intrattiene con loro familiarmente. Ma eccoci al 15 agosto, festa grande dell’Assunta; in questa giornata sono saliti al Chiotto molti altri Valmalesi. Ecco nuovamente tra loro la Signora; papà Pittavino si inginocchia e intona il rosario. E’ questo il primo rosario che si recita solennemente al Chiotto, il primo di una serie interminabile. Dopo il rosario mentre si intonavano le litanie, i veggenti alzarono gli occhi al cielo, il sole splendeva e davanti ad esso passavano strane ombre, figure, forse angeli, accompagnate da arcane melodie. I presenti erano convinti di scorgere quelle ombre disegnarsi sui volti estatici dei veggenti. Dopo l’Assunta perciò il flusso dei pellegrini al Chiotto aumentò, la Bella Signora ora pareva meno triste. Una sera i pastorelli giunti a casa raccontarono: “Oggi la Signora ha compiuto un giro sul pianoro, pareva non toccare il suolo! Dove passava l’erba verde diventava bianchissima e splendente”.
I Valmalesi si chiedevano cosa volesse dire quella scia luminosa, ma ecco la Signora dare lei stessa la spiegazione: chiedeva una cappella e quella scia sarà il porticato su cui i pellegrini fino ai giorni nostri potranno fare le “novene” recitando il Rosario sui passi della Vergine. Col chiudersi della stagione estiva finirono anche le apparizioni e papà Pittavino continuava a chiedersi chi fosse mai quel misterioso personaggio. Vorrebbe erigere il pilone promesso, assieme al “miracolato”; vorrebbe farvi dipingere la figura di una Santa o della Vergine ma quale? A questo punto gli venne un’idea, prese con sè i pastorelli e li portò alle cappelle e ai piloni della zona nella segreta speranza che vi ravvisassero una qualche somiglianza. Le loro corse furono vane, nessuna immagine era conforme a quella vista lassù. Un lunedì di ottobre papà Pittavino scese al mercato a Venasca, con sorpresa notò una bancarella di oggetti sacri. Corse a casa a chiamare alcune pastorelle e le portò al mercato dicendo loro di cercare in quella bancarella piena di immagini e quadretti delle Vergini.
La prima ad indentificare il quadretto sembra essere stata Maria Chiotti; in mano prese l’immagine raffigurante la Madre della Misericordia di Savona, apparsa ad Antonio Botta nel 1536. Tutte le veggenti concordemente puntarono il dito, esclamando “E’ Lei! Era proprio così!”. Giunto il 2 Novembre, dalle varie frazioni i Valmalesi scesero al capoluogo per la commemorazione dei Fedeli Defunti. Papà Pittavino mostrò a tutti i veggenti l’immagine acquistata al mercato e tutti confermarono la somiglianza della Madonna del quadro con quella apparsa al Chiotto. Ora essi conoscevano finalmente l’identità della Signora Piangente. Il papà Pittavino ora sapeva chi far dipingere sul pilone: La Madre della Misericordia. L’estate successiva Pittavino e Chiotti uniti ad altri Valmalesi eressero il pilone promesso sul luogo delle consuete apparizioni, poi chiamò il pittore saluzzese Giuseppe Gauteri e gli consegnò il quadretto della Madre della Misericordia perché lo riproducesse. Oltre alla Madonna , sul pilone vennero dipinti un Ecce Homo e S. Anna. L’anno 1835 fu purtroppo l’anno del colera, si verificarono molti casi anche dei paesi confinanti con Valmala. Ecco allora la popolazione unanime con la pubblica amministrazione di Valmala fece voto, che, se ne fosse stato esente, avrebbe fatto erigere al Chiotto una piccola cappella sotto il titolo “Maria Santissima Madre della Misericordia”. Il colera risparmiò il paese, non vi si verificò nemmeno un caso. Perciò la comunità chiese ed ottennene dal Vicario Capitolare di Saluzzo il permesso di costruire la prima cappella al Chiotto. La posa della prima pietra avvenne l’8 Agosto 1837, la cappella doveva essere rivolta verso il paese di Valmala e inglobare il pilone posto sulla “losa” dell’apparizione. Il 15 settembre 1840, dopo diverse vicissitudini, venne finalmente benedetta dal Vicario di Venasca Don Falco, come delegato vescovile, il quale celebrò solennemente la prima Santa Messa. Negli anni seguenti, grazie alle numerose offerte dei pellegrini recatisi alla cappella vennero aggiunti il porticato e la costruzione a sud-ovest.